Barriere architettoniche e limite all'uso più intenso della cosa comune

Il diritto del condomino di aprire una porta d’accesso per avvalersi dell’utilizzo di un ascensore già esistente rientra nei poteri spettanti a ciascun condomino, così come previsto dall'art. 1102 c.c., a norma del quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca ad altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

(Tribunale di Milano, sentenza 23 aprile 2018)


Responsabilità del condomino

Qualora le infiltrazioni d’acqua, provenienti dal tetto di un edificio, cagionino un danno ad un condomino, responsabile non è solamente il Condominio ma altresì, ai sensi dell’art. 2051 c.c., il proprietario dell’appartamento sovrastante quello del danneggiato che non abbia provveduto alla manutenzione ordinaria del proprio immobile.

(Cassazione Civile, ordinanza 4 aprile 2018, n. 8393)


L’Assemblea non può “condannare” il condomino

Il condomino risponde dei danni da lui causati alle parti comuni, solo se vi sia stato riconoscimento di responsabilità o all'esito di un accertamento giudiziale, non potendo l'assemblea, in mancanza di tali condizioni, porre a suo carico l’obbligo di ripristino, o imputargli a tale titolo alcuna spesa, ed essendo obbligata ad applicare, come criterio di ripartizione della spesa, la regola generale stabilita dall'art. 1123 c.c.

(Cassazione civile, 7 novembre 2017, n. 26360)


Il proprietario del posto auto è condomino a tutti gli effetti

La nozione di condominio si configura anche nel caso di beni adiacenti orizzontalmente, purché dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato art. 1117 c.c. Peraltro, pure quando manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, la condominialità di un complesso immobiliare, che comprenda porzioni eterogenee per struttura e destinazione, può essere frutto dell’autonomia privata. Anche, dunque, i proprietari esclusivi di spazi destinato a posti auto, compresi nel complesso condominiale, possono dirsi condomini, in base ai criteri fissati dall'art. 1117 c.c., e quindi presumersi comproprietari (nonché obbligati a concorrere alle relative spese, ex art. 1123 c.c.) di quelle parti comuni che, al momento della formazione del condominio, si trovassero in rapporto di accessorietà, strutturale e funzionale, con le singole porzioni immobiliari (arg. da Cass. Sez. 2, 02/03/2007, n. 4973; Cass. Sez. 2, 08/05/1996, n. 4270; Cass. Sez. 2, 16/04/1976, n. 1371).

(Cassazione Civile, ordinanza 16 gennaio 2018, n. 884)