Non può essere venduta all’asta la casa familiare se alla base del debito c'è una clausola abusiva
L'articolo 6, paragrafo 1, e l'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva n. 13/1993/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, letti alla luce degli articoli 7 e 47 della CDFUE, devono essere interpretati nel senso che rientra nel loro campo di applicazione un procedimento giudiziario nell'ambito del quale, da un lato, la società aggiudicataria di un bene immobile che costituisce l'abitazione familiare di un consumatore, venduta nel contesto dell'esecuzione forzata stragiudiziale di una garanzia ipotecaria concessa su tale bene da detto consumatore a favore di un creditore professionista, chiede lo sfratto di detto consumatore e, dall'altro, quest'ultimo contesta, con una domanda riconvenzionale, la legittimità del trasferimento di proprietà di detto bene a tale società aggiudicataria, effettuato nonostante un procedimento giurisdizionale, ancora pendente al momento di tale trasferimento, diretto alla sospensione dell'esecuzione di tale garanzia in ragione dell'esistenza di clausole abusive nel contratto all'origine di tale esecuzione, di cui detta società aggiudicataria è stata previamente informata dallo stesso consumatore. Ciò vale a condizione che siano sussistiti indizi concordanti, alla data di tale vendita, quanto al carattere potenzialmente abusivo di tali clausole e che il consumatore si sia avvalso dei rimedi giuridici di cui ragionevolmente poteva attendersi che un consumatore medio si avvalesse, al fine di ottenere un controllo giurisdizionale di dette clausole.
(Corte di Giustizia UE, grande sezione, 24 giugno 2025, n. 351)
La clausola risolutiva espressa inserita nel contratto e regolarmente sottoscritta non è vessatoria
La clausola risolutiva espressa non ha natura vessatoria, in quanto la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto è connessa alla stessa posizione di parte contrattuale, ai sensi dell'articolo 1453 del Cc, per l'ipotesi dell'inadempimento della controparte, e tale clausola non fa che rafforzarla, risolvendosi in una anticipata valutazione dell'importanza di un determinato inadempimento (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il giudice adito ha ritenuto infondata l'eccezione di invalidità sollevata dall'opponente in relazione alla ritenuta applicabilità della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto di leasing oggetto di causa, in quanto, comunque, nonostante l'esclusione della sua natura vessatoria in conformità al richiamato principio, la stessa risultava, nella circostanza, specificatamente sottoscritta secondo le previsioni dettate dagli articoli 1341 e 1342 del C.c.).
(Tribunale di Milano, 17 giugno 2025, n.4924)
Se il cartellino indicante il prezzo del prodotto non è ben visibile va sanzionato il commerciante
Nei punti vendita al dettaglio il prezzo deve risultare non solo leggibile, ma anche facilmente visibile all'utente. La collocazione del cartellino all'interno del prodotto, o nel caso delle borse all'interno e chiuso da cerniera, non soddisfa i requisiti di trasparenza imposti dalla disciplina di settore. La «leggibilità» e «facile visibilità» sono concetti distinti ma inscindibili: la leggibilità richiede sempre la preventiva e agevole visibilità del prezzo, soprattutto nei casi in cui il prodotto sia esposto senza che il consumatore possa accedervi direttamente.
(Cassazione Civile, ordinanza, 3 giugno 2025, n. 14826)
La cessione dei calciatori è suscettibile di produrre plusvalenze ai fini Ires e Irap
Le cessioni dei contratti dei calciatori si inquadrano nello schema generale della cessione del contratto, in cui l’oggetto trasferito è il diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione sportiva dell’atleta. Tale diritto costituisce un bene immateriale strumentale ammortizzabile, suscettibile, pertanto, di generare plusvalenze o minusvalenze rilevanti sia in materia contrattuale che tributaria.
(Cassazione Civile, 2 aprile 2025, n. 8724)
L’abbonamento allo stadio non conferisce al tifoso il diritto ad una tariffa agevolata per le partite
In tema di contratti di abbonamento allo spettacolo di partite calcistiche, il diritto dell’abbonato di fruire di una tariffa inferiore rispetto al costo medio dei singoli incontri non costituisce elemento naturale del contratto e, pertanto, per sussistere, tale diritto deve essere oggetto di una specifica ed espressa pattuizione, a nulla rilevando l’aspettativa del tifoso.
(Cassazione Civile, ordinanza, 21 marzo 2025, n. 7623)
Diritto del cliente alla documentazione bancaria
In materia bancaria, il cliente ha diritto di ottenere a proprie spese copia della documentazione bancaria relativa al contratto di mutuo, comprendente: il contratto di mutuo, l'atto di erogazione e quietanza, il prospetto delle rate pagate, le fideiussioni e le perizie espletate, nell'ambito della trasparenza e della buona fede contrattuale. Non sono invece dovuti i documenti generici come i contratti di assicurazione e i patti aggiunti, la cui esistenza non è stata adeguatamente provata.
(Tribunale di Bari, 6 dicembre 2024, n. 4962)
Caparra confirmatoria o risarcimento del danno: la parte adempiente può scegliere
In presenza di una caparra confirmatoria, ai sensi dell’articolo 1385 del Codice civile, la parte adempiente, a fronte dell’inadempimento della controparte, può scegliere tra due rimedi alternativi e non cumulabili: recedere dal contratto e trattenere la caparra ricevuta (oppure esigere il doppio, se versata), facendo valere la funzione tipica della caparra quale liquidazione anticipata del danno, oppure richiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento integrale dei danni subiti.
(Cassazione Civile, 28 novembre 2024, n. 30636)
Risoluzione del contratto: l’utilizzo del bene concorre a determinare l’ammontare del prezzo da restituire
In tema di risoluzione del contratto di compravendita per vizi della cosa venduta, gli artt. 1490 e 1492 c.c. vanno interpretati alla luce del principio generale di cui all'art. 1455 c.c., per cui l'azione redibitoria è legittimata solo da vizi che costituiscano un inadempimento di non scarsa importanza, da valutarsi in base alla loro idoneità a rendere la cosa inidonea all'uso o a diminuirne in modo apprezzabile il valore, secondo l'apprezzamento di fatto del giudice di merito. Nella determinazione del prezzo da restituire al compratore che abbia agito vittoriosamente in redibitoria, in virtù del nesso sinallagmatico e degli effetti retroattivi della risoluzione ex art. 1458 c.c., deve tenersi conto dell'uso del bene fatto dal medesimo, al fine di garantire l'equilibrio tra le prestazioni restitutorie ed evitare un'illegittima locupletazione dell'acquirente che abbia continuato ad utilizzare il bene, pur se viziato ma non completamente inidoneo, determinandone una progressiva perdita di valore. Gli interessi sulla somma da restituire decorrono dalla domanda di risoluzione e non dal momento in cui la prestazione pecuniaria venne eseguita. In tema di risarcimento danni ex art. 1494 c.c., ove sia sorta l'obbligazione di garanzia per vizi non facilmente riconoscibili, grava sul venditore una presunzione di conoscenza dei vizi, superabile solo dimostrando di averli ignorati senza colpa. Il danno risarcibile può includere gli interessi passivi corrisposti per un finanziamento contratto per l'acquisto, limitatamente all'ammontare del prezzo del bene, quali effetti diretti e immediati della responsabilità del venditore.
(Cassazione Civile, ordinanza, 8 novembre 2024, n. 28838)
Il contratto di vendita resta valido anche se l’acquirente ritarda il pagamento di una rata
Il giudice non può isolare singole condotte di una delle parti per stabilire se costituiscano motivo di inadempienza a prescindere da ogni altra ragione di doglianza dei contraenti, ma deve, invece, procedere alla valutazione sinergica del comportamento di questi ultimi, attraverso un'indagine globale e unitaria dell'intero loro agire, anche con riguardo alla durata del protrarsi degli effetti dell'inadempimento, perché l'unitarietà del rapporto obbligatorio a cui ineriscono tutte le prestazioni inadempiute da ognuno non tollera una valutazione frammentaria e settoriale della condotta di ciascun contraente, ma esige un apprezzamento complessivo.
(Cassazione Civile, ordinanza, 9 ottobre 2024, n. 26313)
Il contraente viene riconosciuto come consumatore se è tale al momento della conclusione del contratto
Ai fini del riconoscimento della qualità di consumatore, ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 206 del 2005, non assume rilevanza l'aspirazione futura a esercitare una professione, dovendosi considerare, per la classificazione quale consumatore o professionista, la qualità del contraente al momento della stipula del contratto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione che aveva ritenuto non applicabile la disciplina normativa del Codice del Consumo ad un contratto di formazione professionale stipulato da un osteopata nella prospettiva di una futura attività lavorativa).
(Cassazione Civile, 8 ottobre 2024, n. 26292)