Amministrazione di sostegno e centralità della volontà del beneficiario

In tema di amministrazione di sostegno, non è sufficiente che il decreto descriva analiticamente i poteri dell'amministratore e lo incarichi di compiere una relazione sulle condizioni di vita del beneficiario, perché i poteri vanno modulati e giustificati in relazione a quelle che sono le esigenze del beneficiario, le quali devono essere accuratamente rilevate, valutando se le sue personali competenze e quelle della rete familiare che lo assiste sono sufficienti a perseguire i suoi interessi (dandone atto nella motivazione) e, solo ove risulti uno specifico deficit di competenze che non consenta di perseguire in autonomia gli interessi della persona, si modellano e si conferiscono i poteri necessari alla soddisfazione delle esigenze rilevate, senza ricorrere a moduli standardizzati; diversamente si oblitererebbe l'aspetto innovativo principale della legge sull'amministrazione di sostegno, che è l'avere introdotto un misura flessibile in grado di adeguarsi alle esigenze del soggetto, ritornando, di fatto, alla rigidità delle misure di interdizione e inabilitazione così come disegnate dal codice civile prima della emanazione della L. n. 6/2004.

(Cassazione Civile, ordinanza, 16 settembre 2024, n. 24732)


Senza il consenso dei genitori la diffusione dell’immagine del minore è illecita

In tema di tutela contro l'abuso dell'immagine di un minore, l'accertamento della illiceità della diffusione del ritratto del bambino per fini di pubblicità commerciale, effettuata senza il consenso di uno dei genitori, comporta il diritto al risarcimento del danno a condizione che sia accertata l'effettività e la serietà della lesione al diritto alla riservatezza dell'immagine, la cui tutela costituisce un interesse primario del fanciullo, senza che la mancanza di indicazioni relative al nome o alle generalità del minore o dei suoi genitori valgano ad escluderne il pregiudizio, poiché l'immagine della persona è tutelata in sé, quale elemento altamente caratterizzante l'individuo, che lo rende unico e originale, come tale riconoscibile.

(Cassazione Civile, ordinanza, 21 agosto 2024, n. 23018)


Un giornalista può divulgare le informazioni anagrafiche di un indagato se vi è interesse pubblico

La divulgazione di dati anagrafici di una persona sottoposta ad indagini è consentita per finalità giornalistiche, anche senza il consenso dell'interessato, nel rispetto del codice deontologico richiamato dall'art. 139 d.lgs. n. 196 del 2003 ed ai sensi dell'art. 137 del citato d.lgs. e, cioè, solo se la stessa è essenziale riguardo a fatti di interesse pubblico, requisito rimesso all'accertamento e alla valutazione, caso per caso, del giudice di merito, tenuto ad indicare analiticamente le ragioni per le quali lo ritenga integrato.

(Cassazione Civile, 23 luglio 2024, n. 20337)


I dati personali forniti per gli esami on line devono essere considerati biometrici

Il trattamento dei dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica in mancanza del consenso dell'interessato è vietato ai sensi del regolamento 2016/679; il divieto viene meno e il trattamento è ammesso quando è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante, in specifiche materie, tra cui rientra l'istruzione e la formazione in ambito scolastico, professionale, superiore o universitario, secondo quanto previsto dal d.lg. n. 196/2003, con la precisazione che il trattamento «deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato», in linea anche con il principio di "responsabilizzazione" dettato dall'art. 5, par. 2 del regolamento 2016/679 (fattispecie relativa all'utilizzo di un software per verificare la genuinità della prova di esame svolta da studenti universitari in modalità da remoto).

(Cassazione Civile, 10 maggio 2024, n. 12967)


Anche la prodigalità può essere sufficiente per la nomina dell’amministratore di sostegno

L'amministrazione di sostegno può pronunciarsi nell'interesse del beneficiario anche in presenza dei presupposti di interdizione ed inabilitazione, e dunque anche con riguardo alla prodigalità. La prodigalità è stata definita come un comportamento abituale caratterizza da larghezza nello spendere, nel regalare o nel rischiare in maniera eccessiva ed esorbitante rispetto alle proprie condizioni socio-economiche ed al valore oggettivamente attribuibile al denaro, indipendentemente da sua derivazione da specifica malattia o comunque infermità e, quindi, anche quando si traduca in atteggiamenti lucidi, espressione di libera scelta di vita, purché sia ricollegabile a motivi futili, ad esempio frivolezza, vanità, ostentazione del lusso, disprezzo per coloro che lavorano o a dispetto dei vincoli di solidarietà familiare. La prova della prodigalità può desumersi da presunzioni gravi, precise e concordanti, ricavate dal complesso degli indizi da valutarsi nel loro insieme.

(Cassazione Civile, ordinanza, 28 dicembre 2023, n. 36176)


Il divieto di contrarre matrimonio non si applica al beneficiario dell'amministrazione di sostegno

Colui che è sottoposto ad amministrazione di sostegno è pienamente capace in relazione agli atti per i quali non è prevista una specifica incapacità, e la sua condizione giuridica è differenziata da quella dell'interdetto, cosicché ne deve essere tenuta distinta la posizione, salvo nel caso in cui il giudice non compia una valutazione ad hoc in ordine alla necessità di assimilarne la tutela.

(Cassazione Civile, 2 ottobre 2023, n. 27691)


Procreazione medicalmente assistita: il consenso dell’uomo non può essere revocato dopo la fecondazione

Vanno respinte le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, ultimo periodo, della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui non prevede, successivamente alla fecondazione dell'ovulo, un termine per la revoca del consenso, atteso che l'irrevocabilità del consenso appare funzionale a salvaguardare innanzitutto preminenti interessi. L'accesso alla Procreazione medicalmente assistita (PMA) comporta infatti per la donna il grave onere di mettere a disposizione la propria corporalità, con un importante investimento fisico ed emotivo in funzione della genitorialità che coinvolge rischi, aspettative e sofferenze, e che ha un punto di svolta nel momento in cui si vengono a formare uno o più embrioni. Corpo e mente della donna sono quindi inscindibilmente interessati in questo processo, che culmina nella concreta speranza di generare un figlio, a seguito dell'impianto dell'embrione nel proprio utero. A questo investimento, fisico ed emotivo, che ha determinato il sorgere di una concreta aspettativa di maternità, la donna si è prestata in virtù dell'affidamento in lei determinato dal consenso dell'uomo al comune progetto genitoriale. Se è pur vero che dopo la fecondazione la disciplina dell'irrevocabilità del consenso si configura come un punto di non ritorno, che può risultare freddamente indifferente al decorso del tempo e alle vicende della coppia, è anche vero che la centralità che lo stesso consenso assume nella PMA, comunque garantita dalla legge, fa sì che l'uomo sia in ogni caso consapevole della possibilità di diventare padre; ciò che rende difficile inferire, nella fattispecie censurata dal giudice a quo, una radicale rottura della corrispondenza tra libertà e responsabilità. Ove, dunque, si considerino la tutela della salute fisica e psichica della madre, e anche la dignità dell'embrione risulta non irragionevole la compressione, in ordine alla prospettiva di una paternità, della libertà di autodeterminazione dell'uomo.

(Corte Costituzionale, 24 luglio 2023, n. 161)


Troppo bassa e quindi esclusa dalla procedura per l'accesso alla funzione di capotreno: è discriminazione indiretta di genere

In tema di requisiti per l'assunzione, qualora in una norma secondaria sia prevista una statura minima identica per uomini e donne, in contrasto con il principio di uguaglianza perché presuppone erroneamente la non sussistenza della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne e comporta una discriminazione indiretta a sfavore di queste ultime, il giudice ordinario ne apprezza, incidentalmente, la legittimità ai fini della disapplicazione, valutando in concreto la funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni.

(Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 3 luglio 2023, n. 18668)


Diritto all’oblio: all'articolo di cronaca giudiziaria on-line deve essere apposta una sintetica nota che dia conto dell'assoluzione

In tema di trattamento dei dati personali e di diritto all'oblio, è lecita la permanenza di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, nell'archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di una inchiesta giudiziaria, poi sfociata nell'assoluzione dell'imputato, purché, a richiesta dell'interessato, l'articolo sia deindicizzato e non sia reperibile attraverso i comuni motori di ricerca, ma solo attraverso l'archivio storico del quotidiano e purché, a richiesta documentata dell'interessato, all'articolo sia apposta una sintetica nota informativa, a margine o in calce, che dia conto dell'esito finale del procedimento giudiziario in forza di provvedimenti passati in giudicato, in tal modo contemperandosi in modo bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico con quello del titolare dei dati personali archiviati a non subire una indebita lesione della propria immagine sociale.

(Cassazione Civile, ordinanza, 31 gennaio 2023, n. 2893)


La pubblicazione di una foto in contesto “pubblico” non giustifica il risarcimento

La persona fotografata ad una pubblica manifestazione senza il suo consenso in una stazione ferroviaria ed in mezzo ad una folla anonima di passeggeri, tra cui anche numerosi partecipanti alla manifestazione nota come gay pride, avvenimento di interesse pubblico, non ha diritto al risarcimento, non essendo invero configurabile la sussistenza di un danno, in quanto in relazione al contesto la possibilità di essere individuato costituisce “rischio della vita” che non ci si può esimere dall’accettare.

(Cassazione Civile, ordinanza, 25 gennaio 2023, n. 2304)