Responsabile la Pubblica Amministrazione per i danni subiti da un imprenditore a causa degli errori commessi da ispettori fiscali
L'attività della pubblica amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti dalla legge e dal principio primario del neminem laedere, codificato nell'art. 2043 c.c., per cui è consentito al giudice ordinario accertare se vi sia stato da parte della stessa pubblica amministrazione, un comportamento doloso o colposo che, in violazione di tale norma e tale principio, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo. Infatti, stanti i principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, di cui all'art. 97 Cost., la pubblica amministrazione è tenuta a subire le conseguenza stabilite dall'art. 2043 c.c., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale (fattispecie relativa a grossolani errori commessi da due ispettori che avevano portato all'avvio di due procedimenti penali a carico di un imprenditore, conclusi però con l'annullamento; da qui la condanna degli ispettori al risarcimento dei danni subiti dall'imprenditore ex art. 2043 c.c.).
(Cassazione Civile, 28 febbraio 2023, n. 5984)
Sul risarcimento del patema d'animo sofferto dalla lavoratrice della Costa Concordia
Va confermata la legittimità delle decisione dei giudici del merito che hanno riconosciuto e liquidato il danno morale soggettivo quale autonoma voce di pregiudizio non patrimoniale e il dato della avvenuta liquidazione di tale danno morale attraverso la massima personalizzazione prevista dalle Tabelle milanesi, in quanto utilizzato come parametro ai fini della valutazione equitativa, non fa venir meno la legittimità della decisione (fattispecie relativa al risarcimento del danno subito da una lavoratrice a bordo di una nota nave da crociera affondata nel 2012 a cui era stata riconosciuta una somma a titolo di risarcimento per il 'patema d'animo' derivato dall'incidente).
(Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 2 dicembre 2022, n. 35499)
Il danno morale non può essere incorporato nel danno biologico
Il positivo riconoscimento e la concreta liquidazione, in forma monetaria, dei pregiudizi sofferti dalla persona a titolo di danno morale mantengono integralmente la propria autonomia rispetto ad ogni altra voce del c.d. danno non patrimoniale, non essendone in alcun modo giustificabile l'incorporazione nel c.d. danno biologico, trattandosi (con riguardo al danno morale) di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione prevista per la compromissione degli aspetti puramente dinamico -relazionali della vita individuale.
(Cassazione Civile, 9 novembre 2022, n. 32935)
Trasfusione di sangue infetto: dal risarcimento del danno va decurtato l’indennizzo ex Legge 210/1992
Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della Salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l'indennizzo di cui alla L. n. 210/1992 può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno quando sia stato effettivamente versato o, comunque, sia determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il lucrum.
(Cassazione Civile, 1 settembre 2022, n. 25827)
Morte del congiunto: la sofferenza del familiare superstite non è in re ipsa ma si presume
Nel caso di morte di un prossimo congiunto (coniuge, genitore, figlio, fratello), è orientamento unanime di questa Corte che l'esistenza stessa del rapporto di parentela faccia presumere, secondo l'id quod plerumque accidit, la sofferenza del familiare superstite, giacché tale conseguenza è per comune esperienza e, di norma, connaturale all'essere umano; trattandosi di una praesumptio hominis sarà sempre possibile per il convenuto dedurre e provare l'esistenza di circostanze concrete dimostrative dell'assenza di un legame affettivo tra vittima e superstite (confermata la decisione della Corte d'Appello, secondo cui la presenza di un legame di parentela qualificato è elemento idoneo a fondare la presunzione, secondo l'id quod plerumque accidit, dell'esistenza del danno in capo ai familiari del defunto, che è cosa distinta dal riconoscere a quest'ultimi la risarcibilità del danno in re ipsa, per il sol fatto della sussistenza di un legame familiare).
(Cassazione Civile, 30 agosto 2022, n. 25541)
La lontananza dei congiunti nel danno parentale
Nel valutare la domanda volta ad ottenere iure proprio il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale per la morte di un fratello, il giudice non può inferire dalla mera lontananza geografica l'assenza di un effettivo legame tra i fratelli.
(Cassazione Civile, 15 luglio 2022, n. 22397)
Responsabilità dei docenti al cambio d'ora
La responsabilità della scuola per le lesioni riportate da un alunno minore all'interno dell'istituto, in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico, ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell'orario delle lezioni, in quanto il dovere di organizzare la vigilanza degli alunni mediante l'adozione, da parte del personale addetto al controllo degli studenti, delle opportune cautele preventive, sussiste sin dal loro ingresso nella scuola e per tutto il tempo in cui gli stessi si trovino legittimamente nell'ambito dei locali scolastici (fattispecie in cui l'alunno si era infortunato durante il cambio d'ora).
(Cassazione Civile, 5 luglio 2022, n. 21255)
La responsabilità per il danno da infiltrazione ricade sull’usufruttuario e non sul proprietario
La responsabilità per i danni da infiltrazione o allagamento è da ricercare solamente in capo al soggetto che, avendone la custodia, ha l'onere di manutenere il bene ed evitare che questo provochi danno (nella specie, è stata confermata l'esenzione da responsabilità di una delle due comproprietarie della nuda comproprietà, mentre veniva altresì dimostrata la responsabilità dell'altro comproprietario e dell'usufruttuario in quanto questi, pur essendo a conoscenza dell'infiltrazione e dei danni cagionati ai vicini, non si erano in alcun modo attivati per porvi rimedio).
(Cassazione Civile, 24 giugno 2022, n. 20429)
Psicoterapia per elaborare il lutto: no al risarcimento
Il ricorso a sedute di psicoterapia non comporta un eccezionale rimedio al danno, integrando piuttosto una tipica situazione di elaborazione del lutto. Per ottenere una maggiorazione del danno è necessario motivare la ragione per cui il ricorso a quelle sedute di psicoterapia ha costituito una eccezionale condizione rispetto a quelle che normalmente conseguono all'illecito (cassata, nella specie, la decisione dei giudici del merito che avevano riconosciuto una maggiorazione del cinquanta per cento del danno a favore della vedova di un cacciatore rimasto ucciso durante una battuta di caccia, in quanto la donna aveva avuto la necessità di sottoporsi a sedute di psicoterapia per elaborare il lutto subito).
(Cassazione Civile, 9 maggio 2022, n. 14549)
Sulla risarcibilità del danno sofferto dal nipote in tenera età per la morte del nonno
La perdita del rapporto parentale, nella sua dimensione non patrimoniale, determina la perdita dei reciproci affetti in corso, che sono, a differenza del danno morale soggettivo, "dimensioni oggettive" del pregiudizio, ossia "utilità" la cui estinzione rileva a prescindere dalla sofferenza che quella perdita può produrre sul parente sopravvissuto. Pertanto, la perdita del rapporto parentale, in quanto perdita delle "utilità" che il rapporto consente, è necessariamente una perdita attuale, che consiste nella definitiva impossibilità di godere di quel legame, con la conseguenza che costituisce pregiudizio rilevante solo per il congiunto che di tale rapporto sia parte, non in senso formale, ma nel senso di poter trarre dal rapporto le "utilità" che esso offre e che l'illecito fa perdere definitivamente. Il danno futuro dell'infante, ovvero la sua futura sofferenza per la perdita attuale del nonno, è dunque un danno eventuale che non può essere ritenuto rilevante ora per allora, in quanto se si può riconoscere, in astratto, una eventuale sofferenza postuma, non si può ammettere un godimento postumo dei beni che il rapporto familiare consente (respinta, nella specie, la domanda di risarcimento del danno avanzata dai genitori di una minore in conseguenza della morte del nonno a seguito di un sinistro. In particolare, i ricorrenti denunciavano la perdita di una sorta di rapporto parentale futuro, ossia della perdita che, una volta cosciente, la minore avrebbe avvertito e che si sarebbe concretizzata nel non poter aver il nonno con sé, ossia vivere dei momenti con lui come nella normalità dei rapporti tra nonno e nipote).
(Cassazione Civile, 26 aprile 2022, n. 12987)