La presunzione di responsabilità per attività pericolose

La presunzione di responsabilità, contemplata dall'art. 2050 c.c. per attività pericolose, può essere vinta solo con una prova particolarmente rigorosa, e cioè con la dimostrazione di aver adottato tutte le misure idonee ad impedire l’evento dannoso; in particolare, con riguardo alla produzione ed alla commercializzazione di farmaci potenzialmente pericolosi per l’organismo umano, il produttore e/o l’importatore devono fornire la prova dell’adozione di tutte le misure idonee ad evitare il danno con la verifica dell’innocuità del prodotto utilizzando quei metodi, anche sperimentali, di analisi e controllo che la scienza medica fornisce, indipendentemente dal loro costo o perfezionabilità, non bastando la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza (nel caso di specie, è emerso come in numerosi studi fosse già stata evidenziata la pericolosità della somministrazione di rosiglitazone nei pazienti che, come la ricorrente, presentavano cardiopatie e, dunque, la riconducibilità dei danni alla salute dalla stessa patiti all'uso di un farmaco contenente tale principio).

(Tribunale di Palermo, 10 aprile 2017, n. 1820)


Danno cagionato da fauna selvatica e onere della prova

Quando le opere edilizie illegittime sono eseguite su un immobile concesso in usufrutto, il legittimato passivo all'azione di riduzione in ripristino ex art. 872 c.c. non è l’usufruttuario bensì il nudo proprietario, cui spetta il potere di intervento modificativo o additivo sul bene.In materia di danni cagionati da animali selvatici, è onere dell'attore dimostrare che il luogo del sinistro fosse all'epoca abitualmente frequentato da un numero eccessivo di esemplari tale da costituire un vero e proprio pericolo per le proprietà vicine, anche se adeguatamente protette, ovvero fosse stato teatro di precedenti incidenti, tali da allertare le autorità preposte sulla sussistenza di un concreto pericolo per l'uomo.

(Cassazione Civile, 27 febbraio 2019, n. 5722)


Pedone fuori dalle strisce pedonali

Sebbene il conducente di veicoli a motore sia onerato da una presunzione di colpa, il pedone che attraversi al di fuori delle strisce pedonali ha l’obbligo di dare la precedenza ai veicoli; talché, in caso di violazione di tale norma comportamentale e conseguente investimento, il pedone sarà corresponsabile della causazione del sinistro nella misura che il giudice di merito quantificherà percentualmente, in base alle circostanze specifiche del caso.

(Cassazione Civile, ordinanza 28 gennaio 2019, n. 2241)


Se il ciclista cade sul dosso

Il nesso causale può essere ravvisato nella irregolarità dell’altezza e del materiale impiegato per la realizzazione del dosso, e nella sua scarsa visibilità per il quasi totale sbiadimento della colorazione prescritta dalla normativa in materia, integrante indubbiamente un vizio manutentivo indipendente dalle altrui modalità di uso, che l' ente territoriale non poteva ignorare ed anzi avrebbe dovuto eliminare, ancor più considerata la sua collocazione in un' area compresa in un centro abitato.

(Tribunale di Parma, 25 giugno 2018, n. 943)


Falsificare un assegno non trasferibile è (solo) illecito civile

La falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità configura la fattispecie di cui all'art. 485 c.p., abrogato dal D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, art. 1, comma 1, lett. a), e trasformato in illecito civile.

(Cassazione Penale, SSUU, 10 settembre 2018, n. 40256)


Nesso causale tra res e danno

Sussiste la colpa esclusiva della danneggiata, integrante gli estremi del fortuito incidentale (che di per sé elide il nesso causale tra la res ed il danno), allorquando la caduta di una donna da una scala sia stata provocata (non da una difetto strutturale della scala stessa, ma) dal suo errato posizionamento (e cioè precisamente da una collocazione della scala, che non aveva tenuto conto del giusto grado di inclinazione), che ne aveva provocato l'improvviso slittamento.

(Cassazione Civile, 27 giugno 2018, n. 23203)


Lesione al godimento della propria abitazione

L'assenza del danno biologico documentato non osta al riconoscimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali costituzionalmente garantiti e tutelati anche dall'art. 8 Convenzione europea dei diritti dell'uomo (nella specie, la Suprema Corte ha riconosciuto la responsabilità del Comune, per mancato esercizio dei poteri di vigilanza, per l'autorizzazione della posa di un palco in occasione della festa del Santo Patrono, a meno di un metro dall'abitazione durante i festeggiamenti e successivamente non rimosso, configurando una turbativa della vita domestica conseguente a immissioni sonore e luminose). La prova del pregiudizio può essere fornita anche mediante presunzioni.

(Cassazione Civile SU 1 febbraio 2017, n. 2611)


Il gestore del centro sportivo e la responsabilità per le sue condizioni

A fronte di lesioni colpose patite da un calciatore, causate da un avvallamento occultato da una pozzanghera in un campo sintetico, il gestore di un centro sportivo è titolare di una posizione di garanzia, che gli impone di adottare le necessarie cautele per preservare l’incolumità fisica degli utilizzatori, provvedendo alla manutenzione delle infrastrutture e delle attrezzature. L’applicazione di questo principio rende irrilevante il fatto che il campo fosse stato ceduto in affitto alla ‘Uisp’ per lo svolgimento di un campionato ad hoc, stante l’obbligo del gestore dell’impianto di governare i rischi connessi alle caratteristiche del campo sportivo e l’obbligo di impedire che esso presentasse rischi nell'utilizzo in condizioni meteorologiche avverse.

(Cassazione Penale, 28 febbraio 2018, n. 9160)


Se l’attività edilizia è attività pericolosa

In ambito di lavori edili spetta il risarcimento dei danni causati da attività pericolose ai sensi dell’art. 2050 Cod. Civ., giacché la giurisprudenza di legittimità annovera fra le attività pericolose non solo quelle qualificate pericolose dal TU di Pubblica sicurezza ma anche quelle che comportano la rilevante possibilità di verificarsi del danno, qualora il danneggiato fornisca la prova del collegamento fra le attività del cantiere e i danni subiti, mentre compete all'appaltatore dimostrare di aver posto in essere tutti gli accorgimenti per evitare i danni ed eventualmente, comprovare sulla base del principio di vicinanza della prova che le attività di cantiere erano riferibili ad altri soggetti presenti in cantiere (nel caso di specie, considerata la natura e l'entità delle demolizioni, l’importanza e invasività delle opere di demolizione e di scavi per le fondazioni del nuovo edificio, il fatto che tali attività erano da svolgersi in un contesto urbano, in zona confinante con adiacenti e preesistenti fabbricati, che questi ultimi, in ragione delle caratteristiche costruttive, legate al tempo della loro edificazione, erano particolarmente esposti a cedimenti collegati con le attività di demolizione e di sbancamento che ebbero ad interessare il cantiere, il Tribunale ha rilevato che la prova del nesso causale fra l'attività del cantiere e i danni subiti fosse di competenza del danneggiato, mentre le imprese succedutesi nel tempo dovevano dimostrare di aver posto in essere tutti gli accorgimenti per evitare i danni).

(Tribunale di Milano del 12/09/2017, n. 9180)