Infezione contratta in ospedale: l’onere probatorio grava sul paziente danneggiato
In tema di responsabilità sanitaria per infezioni nosocomiali, l’accertamento del nesso causale tra il contagio e il decesso del paziente deve essere improntato alla regola della preponderanza dell’evidenza, secondo cui il giudice deve dare prevalenza alla spiegazione causale che appare più probabile in base ad un giudizio inferenziale fondato sulla comparazione tra diverse spiegazioni alternative. La prova della responsabilità aquiliana della struttura sanitaria ex art. 2043 c.c. può essere fornita dal danneggiato anche tramite presunzioni semplici, in applicazione del principio della vicinanza della prova, quando risulti provata l’idoneità della condotta a provocare il contagio e la struttura non abbia prodotto la documentazione obbligatoria attestante l’adozione delle misure preventive. La struttura sanitaria può fornire prova liberatoria dimostrando di aver adottato tutte le misure utili alla prevenzione delle infezioni, consistenti nell’indicazione: a) dei protocolli di disinfezione e sterilizzazione; b) delle modalità di gestione della biancheria; c) dello smaltimento rifiuti; d) delle caratteristiche della mensa; e) della qualità dell’aria e degli impianti; f) del sistema di sorveglianza e notifica; g) del controllo accessi; h) delle procedure per il personale; i) del rapporto numerico personale/degenti; l) della sorveglianza microbiologica; m) del monitoraggio dei germi patogeni.
(Cassazione Civile, 30 dicembre 2024, n. 35062)