Impugnazione delibera di esclusione del socio di cooperativa
L’esclusione del socio di una cooperativa per grave inosservanza degli obblighi imposti dallo statuto integra un atto di carattere negoziale che il socio escluso può contestare attraverso il rimedio dell’opposizione di cui all’art. 2533, comma 3, c.c.; nel corso di tale giudizio contenzioso, la società cooperativa, in quanto parte richiedente la risoluzione del contratto sociale, è assoggettata all’onere di dimostrare la sussistenza dei fatti allegati a fondamento della delibera di esclusione.
(Corte d’Appello di Salerno, 29 giugno 2020, n. 770)
Sulle ragioni della revoca dell’amministratore di società di capitali
Le ragioni che integrano la giusta causa di revoca dell'amministratore di società di capitali, ai sensi dell'art. 2383, comma 3, c.c., devono essere specificamente enunciate nella delibera assembleare senza che sia possibile una successiva deduzione in sede giudiziaria di ragioni ulteriori.
(Cassazione Civile, 6 ottobre 2020, n. 21495)
Rientra nei poteri dell'amministratore sottoscrivere una fideiussione se lo prevede l’oggetto sociale
L'amministratore di una società di persone ha il potere di sottoscrivere una fideiussione quando nell'oggetto sociale è prevista la possibilità di rilascio di garanzie a favore di terzi, non essendo necessario verificare la strumentalità della stessa rispetto all'oggetto sociale.
(Cassazione Civile, 8 luglio 2020, n. 14254)
Diritti di informazione dei soci di S.r.l.
I soci di srl, sforniti di cariche gestorie, hanno facoltà di accedere alla documentazione ritenuta utile per verificare l’andamento della società, senza limiti specifici, se non quelli desumibili dal comportamento seconda buona fede e, in genere, dalle esigenze di tutela della società medesima; all'esercizio di tale facoltà attengono anche la possibilità di estrarre copia della documentazione sociale nonché di operare l’esame attraverso professionisti appositamente incaricati.
(Tribunale di Bologna, sez. spec. in materia di imprese, ordinanza 18 giugno 2020)
Sulla responsabilità dei sindaci di società di capitali
I sindaci sono responsabili delle violazioni contestate agli amministratori che rivestono una evidenza ed eclatanza (come il mancato pagamento dei tributi e l’assunzione di passività altrui, cioè di altre società del gruppo) tale da essere di necessità conosciute specificamente dal presidente del collegio, che rivestiva anche (in modo incompatibile) il ruolo di consulente e commercialista della società fallita.
(Cassazione Civile, 18 giugno 2020, n. 11884)
S.a.S. ed obbligazioni tributarie
In tema di società in accomandita semplice, la norma gius-civilistica contemplata dall'art. 2313 c.c., nel prevedere che i soci accomandanti rispondono per le obbligazioni sociali limitatamente alla quota conferita, vale anche per le obbligazioni di natura tributaria, e, segnatamente, per quelle relative all'IVA e all’Irap dovute dalla società medesima.
(Cassazione Civile, sez. tributaria, 2 maggio 2020, n. 9429)
Circa la decorrenza del termine annuale di fallibilità in ipotesi di trasformazione regressiva di una s.r.l. in società semplice
In ipotesi di trasformazione regressiva di una società di capitali in società semplice, con conseguente cancellazione della società trasformata dal registro delle imprese e di iscrizione di quella derivata dalla trasformazione nell'apposito registro speciale, la decorrenza del termine annuale di cui alla l. fall., art. 10, va calcolato dalla detta cancellazione, con conseguente iscrizione nel registro speciale di cui del d.P.R. 14 novembre 1999, n. 558, art. 2.
(Cassazione Civile, 29 maggio 2020, n. 10302)
Sulla distinzione tra finanziamento del socio e versamento in conto capitale
L'erogazione di somme dai soci alle società da loro partecipate può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento destinato a confluire in apposita riserva "in conto capitale"; in quest'ultimo caso non nasce un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell'eventuale attivo del bilancio di liquidazione, connotato dalla postergazione della sua restituzione rispetto al soddisfacimento dei creditori sociali e dalla posizione del socio quale “residual claimant”.
(Cassazione Civile, 20 aprile 2020, n. 7919)
Omesso pagamento di debiti della società verso l’Erario
In generale, gli amministratori sono tenuti al pagamento, alle scadenze previste, dei debiti della Società verso l’Erario – debiti dei quali essi non sono personalmente responsabili sul piano patrimoniale – utilizzando a tale scopo le risorse economico-patrimoniali della Società stessa. L’inadempimento dei suddetti obblighi di pagamento espone gli amministratori a responsabilità per mala gestio verso la società e i creditori sociali per i danni ad esso conseguenti. Nel caso in cui la società – quando l’amministratore ha omesso il pagamento del dovuto all'Erario – sia in bonis, e dunque abbia liquidità e sia in grado di pagare i debiti erariali, l’amministratore inadempiente dovrà rispondere dei danni procurati alla società in misura pari alle sanzioni, interessi ed aggi addebitati dall'Erario alla Società stessa, come liquidati nel relativo accertamento tributario ovvero cartella esattoriale. Nel caso in cui, pur non essendo la società in grado di pagare i debiti erariali ed in stato di scioglimento per perdita del capitale sociale, l’amministratore abbia tuttavia illegittimamente proseguito nello svolgimento di attività economica con assunzione di nuovo rischio imprenditoriale, in violazione così di quanto disposto dall'art. 2486 c.c., egli risponde dei danni in misura pari al debito per sanzioni, interessi ed aggi addebitati alla società con riferimento a quei debiti erariali non pagati che la società stessa non avrebbe contratto se fosse stata tempestivamente posta in liquidazione ed avesse conseguentemente cessato l’attività.
(Tribunale di Milano, 13 marzo 2020)
Escussione preventiva del patrimonio sociale
Il beneficio previsto dall'art. 2304 (e 2315) c.c., attenendo alla garanzia del patrimonio del socio nei confronti del creditore sociale, opera nel senso che il socio non può essere chiamato a rispondere in sede esecutiva prima della società, dotata di autonomia patrimoniale, ove non sia dimostrata in termini certi l’impossibilità per il creditore di soddisfarsi sui beni della stessa.
(Tribunale di Pordenone, 30 gennaio 2020)