Diligenza degli amministratori nella gestione

L’amministratore di una società che disponga pagamenti a società terze, peraltro ad esso stesso riconducibili, in assenza del relativo titolo viene meno all'obbligo da esso assunto di gestire i fondi societari nell'interesse dell’amministrata. In quanto violazione dell’obbligo generale di diligenza nella gestione della società, costituente un inadempimento di natura contrattuale, grava sull'amministratore l’onere della prova di aver correttamente adempiuto. In assenza di tale prova il danno corrisponde all'intero importo pagato a terzi, una volta rilevata l’impossibilità di procedere al recupero delle somme pagate in assenza di causa. L’amministratore di società è responsabile per omessi pagamenti di imposte ed oneri contributivi, ma la condanna al risarcimento del danno richiede che sia fornita prova.

(Tribunale di Milano, Sez. Impresa, 20 giugno 2019)


Vendita sottocosto ed atti di concorrenza sleale parassitaria

La vendita sottocosto o comunque a prezzi non immediatamente remunerativi, è contraria ai doveri di correttezza ex art. 2598, comma 1, n. 3), c.c. solo se si connota come "illecito antitrust", in quanto posta in essere da un'impresa in posizione dominante e praticata con finalità predatorie di soppressione della concorrenza, traducendosi così in un danno per i consumatori ed il mercato, realizzandosi in tale ipotesi l'illecito concorrenziale da "dumping" interno.

(Cassazione Civile, 7 febbraio 2020, n. 2980)


Lo storno di dipendenti

Per la configurabilità di atti di concorrenza sleale commessi per mezzo dello storno di dipendenti e/o collaboratori è necessario che l’attività distrattiva delle risorse di personale dell’imprenditore sia stata posta in essere dal concorrente con modalità non giustificabili, se non supponendo l’intento nell'autore di recare pregiudizio all'organizzazione del concorrente disgregando l’efficienza della stessa per procurarsi un vantaggio competitivo indebito.

(Cassazione Civile, ordinanza 17 febbraio 2020, n. 3865)


Sull'esclusione del socio moroso

Nel caso di mora del socio nell'esecuzione dei versamenti, dovuti alla società a titolo di conferimento per il debito da sottoscrizione dell'aumento del capitale sociale deliberato dall'assemblea nel corso della vita della società, il socio non può essere escluso, essendo egli titolare della partecipazione sociale sin dalla costituzione della società; pertanto, ferma la permanenza del socio in società per la quota già posseduta, l'assemblea deve deliberare la riduzione del capitale sociale solo per la misura corrispondente al debito di sottoscrizione derivante dall'aumento non onorato, fatto salvo solo il caso in cui lo statuto preveda l'indivisibilità della quota.

(Cassazione Civile, 21 gennaio 2020, n. 1185)


Sull’obbligo del liquidatore di procedere ad una corretta e fedele ricognizione dei debiti sociali e di pagarli nel rispetto delle cause legittime di prelazione

In tema di responsabilità del liquidatore nei confronti dei creditori sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società, ex art. 2495 c.c. comma 2, il conseguimento, nel bilancio finale di liquidazione, di un azzeramento della massa attiva non in grado di soddisfare un credito non appostato nel bilancio finale di liquidazione, ma comunque provato quanto alla sua sussistenza già nella fase di liquidazione, è fonte di responsabilità illimitata del liquidatore verso il creditore pretermesso, qualora sia allegato e dimostrato che la gestione operata dal liquidatore evidenzi l'esecuzione di pagamenti in spregio del principio della par conditio creditorum, nel rispetto delle cause legittime di prelazione ex art. 2741 c.c., comma 2. Pertanto, ove il patrimonio si sia rivelato insufficiente per soddisfare alcuni creditori sociali, il liquidatore, per liberarsi dalla responsabilità su di lui gravante in riferimento al dovere di svolgere un'ordinata gestione liquidatoria del patrimonio sociale destinato al pagamento dei debiti sociali, ha l'onere di allegare e dimostrare che l'intervenuto azzeramento della massa attiva tramite il pagamento dei debiti sociali non è riferibile a una condotta assunta in danno del diritto del singolo creditore di ricevere uguale trattamento rispetto ad altri creditori, salve le cause legittime di prelazione ex art. 2741, c.c..

(Cassazione Civile, ordinanza 15 gennaio 2020, n. 521)


Responsabile l’amministratore per la totale mancanza di contabilità sociale

In sede di azione di responsabilità ex art. 2392 c.c., la totale mancanza di contabilità sociale (o la sua tenuta in modo sommario e non intellegibile) giustifica la condanna dell’amministratore al risarcimento del danno, vertendosi in tema di violazione da parte dell’amministratore medesimo di specifici obblighi di legge, idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale, la cui entità ben può essere determinata, in via equitativa, in misura percentuale (nella fattispecie, pari al 30%) rispetto al maggior importo del credito erariale ammesso al passivo per effetto della omissione degli adempimenti tributari e contributivi.

(Cassazione Civile, 29 ottobre 2019, n. 27610)


Responsabilità per negligente vigilanza sull'attività sociale

Le dimissioni presentate non esonerano il sindaco di società di capitali da responsabilità, in quanto non integrano un'adeguata vigilanza sull'operato altrui e sullo svolgimento dell'attività sociale, per la pregnanza degli obblighi assunti proprio nell'ambito della vigilanza sull'operato altrui e perché la diligenza richiesta al sindaco impone, piuttosto, un comportamento alternativo; le dimissioni diventano anzi esemplari della condotta colposa tenuta dal sindaco, rimasto indifferente ed inerte nel rilevare una situazione di reiterata illegalità.

(Cassazione Civile, 12 luglio 2019, n. 18770)


Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori

Sono ammissibili le azioni revocatorie ordinaria e fallimentare contro l’atto di scissione, o meglio contro la componente patrimoniale di detto atto, al fine di conseguire la declaratoria di inefficacia degli effetti dispositivi e traslativi senza intaccare nel contempo quelli riorganizzativi.

(Tribunale di Roma, 12 giugno 2018)


Controversia tra fiduciante e fiduciario

La clausola compromissoria contenuta in un contratto non consente di estendere la deroga alla competenza del giudice ordinario ed il deferimento agli arbitri a controversie relative ad altri contratti, ancorché gli stessi risultino collegati a quello principale cui accede la medesima clausola. Conseguentemente, la clausola compromissoria avente ad oggetto le controversie relative al rapporto sociale non si estende alla controversia relativa al rapporto interno fra fiduciante e fiduciario.

(Cassazione Civile, ordinanza, 13 settembre 2019, n. 22903)


L’azione dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società per azioni

L'azione di responsabilità nei confronti di amministratori di una S.p.A., sub specie di azione dei creditori sociali ai sensi dell'art. 2394 c.c., pur quando sia esercitata dal curatore del fallimento, si prescrive nel termine di 5 anni, con decorrenza dal momento dell'oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti. La prescrizione decorre cioè dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto (nel caso di specie la Cassazione ha ritenuto che la pubblicazione di un bilancio di esercizio che segnali una situazione patrimoniale negativa è fatto idoneo a rendere manifesto lo stato di in capienza della società).

(Cassazione civile, 4 settembre 2019, n. 22077)