Il diritto di abitazione della casa familiare è possibile su un solo immobile
Il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c. (il cui valore va, peraltro, detratto dall'asse prima di procedere alla divisione tra tutti i coeredi), ha ad oggetto la sola "casa adibita a residenza familiare", ossia l'immobile che i coniugi abitavano insieme prima della morte del de cuius, quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale. Questo diritto, pertanto, non può comprendere due residenze alternative, o due immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea in quanto la nozione di casa adibita a residenza familiare comporta l’individuazione di un solo alloggio costituente, se non l’unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia.
(Cassazione Civile, 10 marzo 2023, n. 7128)
Sull’ordine delle riduzioni nelle disposizioni lesive della legittima
Se il de cuius ha fatto più donazioni o disposizioni testamentarie, in prima linea sono soggette a riduzione, fino a esaurimento dei beni che ne formano oggetto, le disposizioni testamentarie; successivamente si passa alle donazioni (art. 555, comma 2, c.c.). Se le disposizioni testamentarie sono più di una, la loro riduzione avviene proporzionalmente senza distinguere fra eredi e legatari (art. 558 c.c.). In caso di più donazioni, queste non si riducono proporzionalmente, come le disposizioni testamentarie (art. 558 c.c.), ma cominciando dall'ultima e risalendo via via alle anteriori (art. 559). Le donazioni coeve, per le quali non sia possibile stabilire quale di esse sia anteriore rispetto alle altre, debbono essere ridotte in proporzione al loro valore, come le disposizioni testamentarie.
(Cassazione Civile, ordinanza, 2 dicembre 2022, n. 35461)
Sull’onere della prova per il coerede che invoca l’usucapione
Il coerede che dopo la morte del de cuius sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso. Egli infatti già possiede “animo proprio" ed a titolo di comproprietà, ma è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, godendo del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare un'inequivoca volontà di possedere "uti dominus" e non più "uti condominus", risultando a tal fine insufficiente l'astensione degli altri partecipanti dall'uso della cosa comune.
(Cassazione Civile, ordinanza, 3 novembre 2022, n. 32413)
Quando è valido lo stampatello nella redazione del testamento olografo
L’abitualità e la normalità del carattere grafico impiegato per scrivere non rientrano fra i requisiti formali del testamento olografo, nonostante assumano un pregnante valore probatorio nell’ottica dell’attribuzione della scheda testamentaria al de cuius. Per l’effetto, l’impiego dello stampatello non può escludere di per sé l’autenticità della scrittura, pur se rappresenta un elemento significativo del quale tenere conto ai fini della valutazione di detta autenticità.
(Cassazione Civile, ordinanza 31 dicembre 2021, n. 42124)
Divisione ereditaria: la domanda di rendiconto comprende quella relativa ai frutti civili
In caso di divisione ereditaria, la domanda di rendiconto comprende anche quella relativa ai frutti civili derivanti dall’avere l’erede goduto in via esclusiva dell’immobile caduto in successione; frutti civili i quali, identificandosi nel corrispettivo del godimento dell'immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri, ben possono essere liquidati con riferimento al valore figurativo del canone locativo di mercato.
(Cassazione Civile, 9 dicembre 2021, n. 39036)
Affinché si abbia testamento è necessario che lo scritto contenga la manifestazione di una volontà definitiva dell'autore
Ai fini della configurabilità di una scrittura privata come testamento, non è sufficiente il riscontro dei requisiti di forma, ma occorre altresì l'accertamento dell'oggettiva riconoscibilità nella scrittura della volontà attuale del suo autore di compiere non già un mero progetto, ma un atto di disposizione del proprio patrimonio per il tempo successivo al suo decesso.
(Cassazione Civile, 24 settembre 2021, n. 25936)
Sugli effetti della rinuncia all'eredità e sulla sua opponibilità all’Erario
Il chiamato all'eredità, che abbia ad essa validamente rinunciato, non risponde dei debiti tributari del "de cuius", neppure per il periodo intercorrente tra l'apertura della successione e la rinuncia, neanche se risulti tra i successibili "ex lege" o abbia presentato la dichiarazione di successione (che non costituisce accettazione), in quanto, avendo la rinuncia effetto retroattivo ex art. 521 c.c., egli è considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra i successibili" di cui all'art. 5.
(Cassazione Civile, 22 luglio 2021, n. 21006)
Irreperibilità del testamento
L'irreperibilità del testamento, di cui si provi l'esistenza in un certo tempo mediante la produzione di una copia, è equiparabile alla distruzione, per cui incombe su chi vi ha interesse l'onere di provare che esso fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore oppure che costui non aveva intenzione di revocarlo; la prova contraria può essere data, anche per presunzioni, non solo attraverso la prova dell'esistenza del testamento al momento della morte ma anche provando che il testamento, seppure scomparso prima della morte del testatore, sia stato distrutto da un terzo o sei andato perduto fortuitamente o, comunque, senza alcun concorso della volontà del testatore stesso; è ammessa anche la prova che la distruzione dell'olografo, da parte del testatore, non era accompagnata dall'intenzione di togliere efficacia alle disposizioni ivi contenute; in presenza di una copia informale del testamento olografo, il mancato disconoscimento della conformità all'originale diventa rilevante solo una volta che sia stata superata la presunzione di revoca; infine, ferma la prioritaria esigenza che sia stata data la prova contraria alla presunzione di revoca, sono applicabili al testamento gli artt. 2724, n. 3, e 2725 c.c., con la conseguenza che è ammessa ogni prova, compresa quella testimoniale e per presunzioni, sull'esistenza del testamento purché la scomparsa non sia dovuta a chi chiede la ricostruzione del testamento.
(Cassazione Civile, ordinanza 14 ottobre 2020, n. 22191)
Accettazione tacite dell’eredità: i pagamenti dei debiti del de cuius
Non possono costituire accettazione tacita dell'eredità gli atti di natura meramente conservativa che il chiamato può compiere anche prima dell'accettazione, ex art. 460 c.c.. Per aversi accettazione tacita dell'eredità non basta che un atto sia compiuto dal chiamato all'eredità con l'implicita volontà di accettarla, ma è necessario, altresì, che si tratti di un atto che egli non avrebbe diritto di porre in essere se non nella qualità di erede. Il pagamento di un debito del de cuius, che il chiamato all'eredità effettui con denaro proprio, non è un atto dispositivo e comunque suscettibile di menomare la consistenza dell'asse ereditario, cioè tale che solo l'erede abbia diritto di compiere (nella specie, il fatto che il chiamato all'eredità avesse provveduto al pagamento di un verbale per alcune violazioni stradali compiute dall'auto intestata al de cuius non configura un'accettazione tacita di eredità. Nel caso in cui provveda poi alla rinunzia dell'eredità, deve essere accolta l'opposizione ai verbali di accertamento notificatigli per le successive infrazioni).
(Cassazione Civile, 30 settembre 2020, n. 20878)
Accettazione tacita dell’eredità
L’accettazione tacita dell’eredità può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, laddove abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciarvi o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare (nel caso in esame la voltura catastale di un immobile ereditario).
(Cassazione Civile, ordinanza 22 gennaio 2020, n. 1438)