E’ necessaria l’esecuzione forzata per entrare in possesso dei beni sequestrati?
In caso di sequestro giudiziario di beni, una volta che la connessa domanda di merito sia stata accolta con sentenza di primo grado non passata in giudicato, non è possibile per la parte vittoriosa nel giudizio di merito immettersi immediatamente nel possesso dei beni sequestrati chiedendone il rilascio al custode giudiziario nominato. La parte vittoriosa in primo grado dovrà invece avviare l’esecuzione nelle forme di cui agli artt. 605 e ss. C.p.c., notificando il precetto alla parte soccombente, e sarà poi l’ufficiale giudiziario a recarsi sul luogo dell’esecuzione, richiedendo al custode giudiziario la necessaria collaborazione per immettere l’avente titolo nel possesso dei beni, restando ferma al contempo la possibilità per la parte obbligata di opporsi all'esecuzione mediante il rimedio di cui all'art. 615 C.p.c..
(Tribunale di Udine, ordinanza 24 gennaio 2018)
Responsabilità dell’istruttore per i danni patiti dall'allievo
In caso di danni occorsi durante una lezione di sport, è corretto ricondurre la fattispecie nell'alveo della responsabilità aggravata ex art. 2048, c.c., giacché deve essere posto in primo piano il rapporto esistente tra allievo e maestro, in sé oggettivamente considerato, dando il giusto risalto al particolare contenuto di tale rapporto giuridico, nell'ambito del quale il precettore assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e di vigilanza sull'allievo (la Corte afferma la responsabilità dell’istruttore di kitesurf per le lesioni patite dall'allievo conseguenti l'impatto violento contro il muro di cemento di un'abitazione, dopo che, durante lo svolgimento di una lezione della tecnica kitesurf, a causa della sua inesperienza, nonché delle forti raffiche di vento, perdeva il controllo del suo attrezzo velico).
(Corte d’Appello di Taranto, 22.02.2016, n. 77)
Falsa rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria della società
Il bilancio non veritiero può dar luogo alla responsabilità risarcitoria degli amministratori, giusto l’art. 2395 c.c., nella misura in cui i soci e i terzi in buona fede possono essere tratti in inganno dalla falsa immagine che i dati di bilancio rimandano della situazione economico-patrimoniale della società. Il soggetto che, nell'esperire un’azione di responsabilità ex art. 2395 c.c., lamenti la falsità dei dati di bilancio, è tenuto a provare mediante qualsiasi mezzo di prova non soltanto tale falsità, ma anche il nesso causale tra il dato falso e la propria determinazione di concludere il negozio, da cui sia derivato un danno diretto sul proprio patrimonio. Il rapporto di causalità, tuttavia, viene meno laddove il socio o il terzo, utilizzando l’ordinaria diligenza, avrebbero potuto conoscere facilmente, per altra via, l’effettiva consistenza patrimoniale.
(Tribunale di Roma, 5 giugno 2017)
Obblighi di diligenza del notaio
Il notaio non può limitarsi al mero accertamento della volontà delle parti ed a sovrintendere alla compilazione dell’atto, occorrendo che si interessi anche delle attività preparatorie e successive necessarie ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto e del risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti. (Nel caso di specie, in cui le parti di un preliminare avevano pattuito un termine di nove anni per la stipula del contratto definitivo, la Corte ha ritenuto che fosse dovere del notaio avvertirle che il c.d. “effetto prenotativo” del preliminare cessa qualora, entro tre anni dalla sua trascrizione, non sia eseguita quella del contratto definitivo o della domanda giudiziale diretta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre).
(Cassazione Civile, 18 maggio 2017, n. 12482)
Risarcimento del danno esistenziale da inadempimento contrattuale anche in ipotesi non costituzionalmente qualificate
Il danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di una lesione di un diritto inviolabile costituzionalmente qualificato, dalla consumazione di un reato ex art. 185 c.p. o da una previsione legislativa. Postulare siffatta consistenza del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale non equivale ad allargare la platea della risarcibilità a qualsiasi fattispecie di danno non patrimoniale (nel caso in esame il Tribunale ha ritenuto provata la sofferenza derivata agli sposi dalla brutta figura fatta con i propri invitati il giorno del loro matrimonio, conseguente all'aver offerto durante il ricevimento nunziale cibo avariato, e pertanto alla coppia può essere riconosciuto il risarcimento del danno esistenziale da inadempimento contrattuale).
(Tribunale di Paola, 15 febbraio 2018)
Clausola vessatoria valida anche se illeggibile
In materia di contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in modo uniforme determinati rapporti (nella specie, utenza telefonica), la clausola con cui si stabilisce una deroga alla competenza territoriale ha natura vessatoria e deve essere, ai sensi dell'art. 1341, comma 2, c.c., approvata espressamente per iscritto. Qualora la medesima risulti scarsamente o per nulla leggibile, sia perché il modello è in fotocopia sia perché i caratteri grafici sono eccessivamente piccoli, il contraente debole può esigere dalla controparte che gli venga fornito un modello contrattuale pienamente leggibile; ma, ove ciò non abbia fatto, non può lamentare in sede giudiziale di non aver rettamente compreso la portata della suddetta clausola derogatoria.
(Cassazione Civile, 12 febbraio 2018, n. 3307)
Separazione e addebito tra marito violento e moglie infedele
Ai fini dell'addebito della separazione, se la condotta violenta dell'ex marito non può giustificare la relazione extraconiugale della consorte e comporta l'addebito allo stesso, la separazione può essere addebitata anche a quest'ultima, qualora la relazione extraconiugale risulti provata.
(Cassazione civile, 19 febbraio 2018, n. 3923)
Strategia difensiva deficitaria dell'avvocato: risoluzione del contratto e restituzione dell'acconto versato
In tema di risoluzione del contratto di prestazione d’opera professionale, qualora la strategia difensiva scelta dall'avvocato si mostri tanto deficitaria da integrare l’importanza dell’inadempimento che, ai sensi dell’art. 1455 c.c., rappresenta idoneo presupposto per l’invocata risoluzione del contratto, la risoluzione dello stesso, ai sensi dell’art. 1458 c.c., determina il venir meno del diritto al compenso dell’avvocato, la restituzione dell’acconto versato e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo eventualmente opposto (nel caso di specie, proponendo un’eccezione di prescrizione ambigua e non indicando le circostanze da cui desumere il momento da cui la prescrizione era cominciata a decorrere, l’avvocato ha – in sostanza – vanificato l’unica difesa proposta nell'interesse del cliente).
(Tribunale di Rimini, 16 novembre 2017)
Lesione al godimento della propria abitazione
L'assenza del danno biologico documentato non osta al riconoscimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali costituzionalmente garantiti e tutelati anche dall'art. 8 Convenzione europea dei diritti dell'uomo (nella specie, la Suprema Corte ha riconosciuto la responsabilità del Comune, per mancato esercizio dei poteri di vigilanza, per l'autorizzazione della posa di un palco in occasione della festa del Santo Patrono, a meno di un metro dall'abitazione durante i festeggiamenti e successivamente non rimosso, configurando una turbativa della vita domestica conseguente a immissioni sonore e luminose). La prova del pregiudizio può essere fornita anche mediante presunzioni.
(Cassazione Civile SU 1 febbraio 2017, n. 2611)
Riduzione dell’assegno di mantenimento per i figli
Il giudice non può respingere la richiesta del divorziato tesa alla riduzione dell’assegno di mantenimento nei confronti della prima figlia, senza effettuare una valutazione circa le esigenze di crescita degli altri figli avuti dalla successiva relazione e già nati alla data della sentenza.
(Cassazione Civile, ordinanza 2 febbraio 2018, n. 2620)