Non esiste il diritto a non nascere se non sano

Il nato disabile non può agire per il risarcimento del danno consistente nella sua stessa condizione, dal momento che il nostro ordinamento non conosce il diritto a non nascere se non sano, né la vita del nato può integrare un danno - conseguenza dell'illecito sanitario.

(Cassazione Civile, 11 febbraio 2025, n. 3502)


ll rumore del traffico autostradale può causare il deprezzamento dell’immobile

Se, a causa di immissioni rumorose e/o dannose, un’abitazione subisce un deprezzamento, il proprietario può chiedere che la società autostradale sia condannata ad un indennizzo.

(Cassazione Civile, ordinanza, 10 gennaio 2025, n. 631)


Risarcimento danni: la ridotta aspettativa di vita ed il c.d. “danno latente”

In materia di liquidazione del danno alla persona, il c.d. “rischio latente” – ossia la possibilità che, per la gravità dei postumi, insorga un ulteriore pregiudizio, quale una nuova invalidità o la morte ante tempus – integra una compromissione della salute del danneggiato che deve essere considerata nella determinazione del grado di invalidità permanente. Ne deriva che, qualora tale rischio sia già stato valutato nella quantificazione percentuale dell’invalidità, il danno biologico deve essere liquidato tenendo conto della concreta riduzione della speranza di vita del soggetto, anziché della durata media della vita. Se invece il “rischio latente” non è stato incluso nel grado di invalidità riconosciuto, il giudice dovrà tenerne conto in sede di liquidazione, procedendo a un'equa maggiorazione dell'importo risarcitorio.

(Cassazione Civile, 19 novembre 2024, n. 29815)


La P.A. è tenuta a verificare la pericolosità delle opere accessorie alla sede stradale (c.d. guard rail)

La custodia esercitata dal proprietario o dal gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della rete stradale. Pertanto: da un lato, la Pubblica Amministrazione è onerata di svolgere adeguati interventi manutentivi sulle menzionate barrire, violando altrimenti sia le norme specifiche che impongono determinati standard di sicurezza sia i principi generali in tema di responsabilità civile; dall'altro lato, ove si lamenti un danno derivante dall'assenza o dall'inadeguatezza delle barriere laterali, la circostanza che alla causazione del pregiudizio abbia contribuito la condotta colposa dell'utente della strada non è idonea a integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un'adeguata barriera avrebbe potuto opporre all'urto da parte del mezzo.

(Cassazione Civile, 3 maggio 2024, n. 11950)


Sul danno patrimoniale per spese di assistenza vita natural durante

Il danno patrimoniale per spese di assistenza vita natural durante, consistente nella necessità di dovere retribuire una persona che garantisca l'assistenza personale ad un soggetto invalido, è un pregiudizio permanente che si produce «de die in diem», per la cui liquidazione occorre distinguere il danno passato, ossia già verificatosi, che presuppone che il danneggiato abbia dimostrato (anche attraverso presunzioni semplici, ex art. 2727 c.c.) di aver sostenuto dette spese, dal danno futuro, ossia non ancora verificatosi al momento della decisione ma che si verrà ragionevolmente a determinare per tutta la durata della vita residua del danneggiato.

(Cassazione Civile, 28 marzo 2024, n. 8371)


Il danno all'onore ed alla reputazione va provato anche a mezzo di presunzioni

In tema di responsabilità civile per diffamazione a mezzo stampa, il danno all'onore ed alla reputazione, di cui si invoca il risarcimento, non è "in re ipsa", identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell'interesse tutelato dall'ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicché la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni, assumendo a tal fine rilevanza, quali parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della vittima.

(Cassazione Civile, ordinanza, 1 febbraio 2024, n. 3013)


La sofferenza per la perdita del proprio congiunto è presumibile

L'uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del "quantum debeatur"); in tal caso, grava sul convenuto l'onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo.

(Cassazione Civile, 30 gennaio 2024, n. 2776)


Danni da Talidomide: la prescrizione decorre dalla domanda amministrativa di indennizzo

ll termine di prescrizione del credito risarcitorio relativo ai danni, subiti nella fase di vita prenatale a causa dell'assunzione di farmaci ad effetti teratogeni da parte della gestante, decorre, di regola, dalla presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell'indennizzo di cui all'art. 1 l. 29 ottobre 2005, n. 229, salvo prova, di cui è onerato il convenuto, da fornirsi anche in via presuntiva, che la consapevolezza, in capo al danneggiato, del nesso causale tra l'assunzione del farmaco e la propria condizione di disabilità e/o menomazione non sia maturata in epoca anteriore.

(Cassazione Civile, 24 gennaio 2024, n. 2375)


Sul risarcimento del danno da perdita di capacità lavorativa

Nell'ambito del risarcimento del danno da perdita di capacità lavorativa subita dal danneggiato-lavoratore in conseguenza degli effetti negativi prodotti da illecito, là dove il danneggiato dimostri di avere perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare, a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate, salvo che il responsabile alleghi e dimostri che egli abbia di fatto reperito una nuova occupazione retribuita, ovvero che avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa, nel qual caso il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni. Così che identico principio differenziale deve valere nel caso in cui, in assenza delle conseguenze lesive riportate a causa dell'illecito, il lavoratore avrebbe con certezza proseguito nella sua attività lavorativa e continuato a percepire la retribuzione, corrispondente alla qualifica professionale per la quale era stato assunto, maggiore rispetto a quella percepita nella nuova qualifica acquisita per demansionamento conseguente all'illecito.

(Cassazione Civile, 16 gennaio 2024, n. 1607)


Risarcibilità del danno da perdita anticipata della vita e trasmissibilità iure successionis

Nell'ipotesi di un paziente che, al momento dell'introduzione della lite, sia già deceduto, sono, di regola, alternativamente concepibili e risarcibili iure hereditario, se allegati e provati, i danni conseguenti: alla condotta del medico che abbia causato la perdita anticipata della vita del paziente (determinata nell'an e nel quantum), come danno biologico differenziale (peggiore qualità della vita effettivamente vissuta), considerato nella sua oggettività, e come danno morale da lucida consapevolezza della anticipazione della propria morte, eventualmente predicabile soltanto a far data dall'altrettanto eventuale acquisizione di tale consapevolezza in vita; alla condotta del medico che abbia causato la perdita della possibilità di vivere più a lungo (non determinata né nell'an né nel quantum), come danno da perdita di chances di sopravvivenza. In nessun caso sarà risarcibile iure hereditario, e tanto meno cumulabile con i pregiudizi di cui sopra, un danno da 'perdita anticipata della vita' con riferimento al periodo di vita non vissuta dal paziente; pertanto, quando sia certo che la condotta del medico abbia provocato (o provocherà) la morte anticipata del paziente, la morte stessa diviene, di regola, evento assorbente di qualsiasi considerazione sulla risarcibilità di chance future.

(Cassazione Civile, 27 dicembre 2023, n. 35998)