Risarciscono il danno i genitori del minore “maleducato”

I genitori, per superare la presunzione di colpa prevista dall'art. 2048 c.c., debbono fornire non la prova di non aver potuto impedire il fatto (atteso che si tratta di prova negativa), ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all'età, al carattere e all'indole del minore. L'inadeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell'art. 147 cod. civ..

In sostanza, la gravità della condotta del minore è, di per sé, sintomo del mancato raggiungimento della prova liberatoria di cui all'ultimo comma della disposizione citata.

(Tribunale di Savona, 22 gennaio 2018, n. 79)


Alla Consulta il risarcimento del danno da lite temeraria

L’art. 96, comma 3, C.p.c. potrebbe comportare incertezza sull'entità della condanna adottabile in quanto non contempla limiti quantitativi minimi e massimi delle condanne irrogabili, pertanto potrebbe non rispettare il presupposto della prevedibilità, necessario perché sia ammissibile la componente afflittiva del risarcimento.

(Tribunale di Verona, ordinanza 23 gennaio 2018)


Valutazione prove ed esame del fatto storico

L’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

(Cassazione Civile, 22 febbraio 2018, n. 4278)


La ristrutturazione soggiace alla garanzia decennale anche per interventi non strutturali

I gravi difetti ex art. 1669 c.c. possono consistere in qualsiasi alterazione che incida su struttura e funzionalità globale dell’opera, purché tali da menomare in modo apprezzabile il godimento della stessa, e possono riguardare anche elementi non strutturali dell’edificio, come rivestimenti o pavimentazione. La garanzia è applicabile non solo alle costruzioni interamente nuove ma anche alle opere oggetto di ristrutturazione edilizia.

(Corte d’Appello di Napoli, 14 dicembre 2017)


Liquidazione equitativa del danno solo se indispensabile

L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all'art. 115 c.p.c., dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, che, pertanto, da un lato è subordinato alla condizione che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare, e, dall'altro lato, non ricomprende anche l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità materiale del danno, né esonera la parte stessa dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l’apprezzamento equitativo sia per quanto possibile, ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell'iter della determinazione.

(Cassazione civile, 13 settembre 2016, n. 17953)


Consumazione del diritto al deposito: no alla memoria integrativa

Il deposito della memoria istruttoria prevista dall'art. 183, 6º comma, n. 2, c.p.c. consuma il potere riconosciuto alla parte sicché, dovendosi assicurare una ordinata gestione del processo, è inammissibile il deposito di una ulteriore memoria integrativa, pur nel rispetto dei termini previsti dalla legge.

(Tribunale di Mantova, 30 maggio 2017)


Responsabilità del medico secondo aiuto

Della scelta di eseguire un intervento su una persona in condizioni fisiche alterate, con conseguente sua perdita di chances di sopravvivenza a fronte della patologia della quale è affetta, risponde infatti anche il medico secondo aiuto presente in equipe.
Questi infatti, secondo la Suprema Corte, non può limitarsi a compiere le specifiche mansioni a lui affidate, bensì deve anche esercitare un controllo sull'operato e su eventuali errori altrui, ossia partecipare all'intervento chirurgico in modo consapevole ed informato, fornendo il proprio apporto professionale anche in riferimento al rispetto delle regole di diligenza e prudenza e alla adozione delle precauzioni imposte dalla condizione specifica del paziente che si sta per operare, giungendo ad esprimere, ove occorra, persino il proprio dissenso rispetto alle scelte effettuate, ivi compresa quella di procedere all'operazione.

(Cassazione Civile, 29 gennaio 2018, n. 2060)


Consulenza tecnica d’ufficio e discrezionalità del giudice

La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, il quale, tuttavia, ha il dovere di motivare adeguatamente il rigetto della istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dando adeguata dimostrazione di potere risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione.

(Cassazione Civile, 5 febbraio 2018, n. 2668)


Opponibilità dell’assegnazione all'erede dell’ex coniuge

Ne consegue che non è possibile ritenere che il diritto di assegnazione della casa familiare si sia estinto per il solo effetto della morte dell’ex coniuge dell’affidatario della prole trattandosi di un diritto personale di godimento “sui generis” che, proprio in virtù di quel vincolo di destinazione di cui dicevamo poc'anzi, si estingue solo per il venir meno dei presupposti che ne hanno determinato l’assegnazione, vale a dire la presenza di prole minorenne o di prole maggiorenne economicamente ancora non indipendente ovvero, come previsto dall'art. 337-sexies c.c., nel caso di passaggio a nuove nozze oppure di convivenza more uxorio o di non utilizzo dell’immobile da parte del coniuge beneficiario.

(Cassazione Civile, 29 gennaio 2018, n. 2106)


Nessun mantenimento al coniuge autosufficiente

L’indipendenza o autosufficienza economica dell'ex coniuge beneficiario va desunta dai seguenti "indici": possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri "lato sensu" imposti e del costo della vita nel luogo di residenza dell'ex coniuge richiedente), capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo), stabile disponibilità di una casa di abitazione, nonché eventualmente altri - rilevanti nelle singole fattispecie – senza, invece, tener conto del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio; il tutto sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dall'ex coniuge obbligato, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all'eccezione ed alla prova contraria dell'ex coniuge beneficiario.

(Tribunale di Parma, 12 gennaio 2018 n. 65)