Per il risarcimento del danno a carico dell’avvocato non basta l’errore del professionista ma occorre la prova di resistenza

In materia di azione di responsabilità nei confronti di un professionista, l'agente è tenuto a provare sia di aver sofferto un danno, sia che questo sia stato causato dalla insufficiente o inadeguata o negligente attività del professionista, e cioè dalla sua difettosa prestazione professionale. In particolare, trattandosi dell'attività del difensore, l'affermazione della sua responsabilità implica la valutazione positiva che alla proposizione di una diversa azione, o al diligente compimento di determinate attività sarebbero conseguiti effetti più vantaggiosi per l'assistito, non potendo viceversa presumersi dalla negligenza del professionista che tale sua condotta abbia in ogni caso arrecato un danno, come pure, in caso di omesso svolgimento di un'attività professionale va provato non solo il danno subito, ma anche il nesso eziologico tra esso e la condotta del professionista, in quanto non è ravvisabile alcuna essenziale diversità tra l'ipotesi di inesatto adempimento del professionista e l'ipotesi di adempimento mancato.

(Tribunale di Parma, 12 giugno 2017 n. 1050)


Privo di interesse ad agire il curatore se i beneficiari della revocatoria sono gli stessi convenuti in revocatoria

Va negata la sussistenza dell’interesse ad agire del fallimento ove vi sia la prova nel giudizio ordinario che in sede fallimentare i beneficiari dell’esecuzione dell’azione revocatoria sarebbero gli stessi convenuti in revocatoria.

(Tribunale di Milano, 30 Maggio 2017)


Intervento chirurgico riuscito ma inutile e risarcimento dal danno

In tema di responsabilità sanitaria, qualora un intervento operatorio, sebbene eseguito in modo conforme alla "lex artis" e non determinativo di un peggioramento della condizione patologica che doveva rimuovere, risulti, all’esito degli accertamenti tecnici effettuati, del tutto inutile, ove tale inutilità sia stata conseguente all’omissione da parte della struttura sanitaria dell’esecuzione dei trattamenti preparatori a quella dell’intervento, necessari, sempre secondo la “lex artis”, per assicurarne l’esito positivo, nonché dell’esecuzione o prescrizione dei necessari trattamenti sanitari successivi, si configura una condotta della struttura che risulta di inesatto adempimento dell’obbligazione. Essa, per il fatto che l’intervento si è concretato in una ingerenza inutile sulla sfera psico-fisica della persona, si connota come danno evento, cioè lesione ingiustificata di quella sfera, cui consegue un danno-conseguenza alla persona di natura non patrimoniale, ravvisabile sia nella limitazione e nella sofferenza sofferta per il tempo occorso per le fasi preparatorie, di esecuzione e postoperatorie dell’intervento, sia nella sofferenza ricollegabile alla successiva percezione della inutilità dell’intervento.

(Cassazione civile, sez. III, 19 maggio 2017, n. 12597)


Retrocessione dell’affitto di azienda e responsabilità per i debiti contratti dall’affittuario

In mancanza della deroga contenuta nell’art. 104-bis l.fall. per l’ipotesi di affitto di azienda stipulato dal curatore, la retrocessione al fallimento di aziende o rami di aziende comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione.

(Cassazione civile, sez. I, 09 Ottobre 2017, n. 23581)


Adempimento di debito scaduto ed esenzione da revocatoria

L'esenzione dalla revocatoria ordinaria dell'adempimento di un debito scaduto, alla stregua di quanto sancito dall'art. 2901, comma 3, c.c. , traendo giustificazione dalla natura di atto dovuto della prestazione del debitore una volta che si siano verificati gli effetti della mora ex art. 1219 c.c., ricomprende anche l'alienazione di un bene eseguita per reperire la liquidità occorrente all'adempimento di un proprio debito, purché essa rappresenti il solo mezzo per tale scopo, ponendosi in siffatta ipotesi la vendita in rapporto di strumentalità necessaria con un atto dovuto, si da poterne escludere il carattere di atto pregiudizievole per i creditori richiesto per la revoca.

(Cassazione civile, sez. III, 19 Aprile 2016, n. 7747)


Semplice preventivo o contratto di appalto vero e proprio?

Per valutare se l’intesa raggiunta tra le parti abbia ad oggetto un vero e proprio regolamento definitivo del rapporto oppure un documento con funzione meramente preparatoria di un negozio futuro, il giudice può far ricorso ai criteri interpretativi dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c.. L’accertamento dovrà interessare non solo il nomen iuris e la lettera dell’atto ma anche la volontà negoziale delle parti in relazione sia al comportamento tenuto, sia alla disciplina che dettata.

(Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 14006/17)