Immissioni: la violazione dei limiti stabiliti dalle leggi e dai regolamenti locali costituisce un illecito, anche sul piano civilistico

In materia di immissioni, il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive è, senz'altro, illecito, in quanto, se le emissioni acustiche superano la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior ragione esse, ove si risolvano in immissioni nell'ambito della proprietà del vicino - ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, ai loro effetti dannosi - devono, per ciò solo, considerarsi intollerabili, ex art. 844 c.c. e, pertanto, illecite anche sotto il profilo civilistico.

(Cassazione Civile, 26 febbraio 2024, n. 5074)


Anche le opere parzialmente interrate devono rispettare le distanze legali e urbanistiche

In tema di distanze legali, l'art. 873 c.c., nello stabilire per le costruzioni su fondi finitimi la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata dai regolamenti locali, va interpretato, in relazione all'interesse tutelato dalla norma, nel senso che la nozione di "costruzione" comprende qualsiasi manufatto avente caratteristiche di consistenza e stabilità, o che emerga in modo sensibile dal suolo, sporgendone stabilmente, e che, per la sua consistenza, abbia l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà, senza riferirsi necessariamente ad un edificio ma ad un qualsiasi manufatto, avente le suddette caratteristiche. Ai sensi della citata disposizione, esiste, dunque, una nozione unica di costruzione, consistente in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata, la quale non può essere modificata dai regolamenti comunali, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, poiché il rinvio contenuto nella seconda parte dell'art. 873 c.c. ai regolamenti locali, costituenti norme secondarie, è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una distanza maggiore.

(Cassazione Civile, 28 luglio 2023, n. 23040)


Usucapione: il comproprietario pro-indiviso deve provare l’esclusione degli altri comproprietari

Il comproprietario pro indiviso che pretenda di aver usucapito il bene deve dimostrare, non solo di averne goduto in via d’esclusività (il che non è compatibile con la propria posizione di titolare quotista, il quale può fruire anche di tutte le utilità del bene, ove gli altri comproprietari dissentano e non rivendichino a loro volta concorrente fruizione), ma di averlo fatto escludendo gli altri comproprietari, cioè apertamente contrastando il loro comune diritto cosi da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus.

(Cassazione Civile, ordinanza, 26 maggio 2022 n. 17141)


L’opera privata realizzata per la produzione di energia elettrica alimentata da fonti rinnovabili non soggiace ai limiti delle distanze legali

Le opere private realizzate, senza alcuna espropriazione, per la produzione di energia elettrica alimentata da fonti rinnovabili in violazione delle distanze legali non soggiacciono alla disciplina di cui all'art. 873 c.c. e alle relative sanzioni, in virtù dell'espressa loro equiparazione "alle opere dichiarate indifferibili e urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche", disposta prima dall'art. 1, comma 4, della l. n. 10 del 1991 e successivamente dall'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, sicché è possibile ottenere la sola tutela indennitaria per il pregiudizio sofferto, trattandosi di interventi rispetto ai quali deve cedere anche la posizione di diritto soggettivo del proprietario confinante.

(Cassazione Civile, ordinanza, 19 maggio 2021 n. 13626)


La nuova canna fumaria va demolita se è pericolosa e viola le distanze

La ratio dell'art. 890 c.c. è quella di evitare che fumi nocivi ed intollerabili emessi dalle canne fumarie invadano le abitazioni e, trattandosi di tetti che coprono il medesimo fabbricato ad altezza diversa, tale scopo può essere raggiunto avendo come riferimento, per il calcolo delle distanze, il c.d. "colmo del tetto", cioè la parte più alta dell'intero fabbricato e non già il tetto di copertura della porzione più bassa del medesimo fabbricato.

(Cassazione Civile, 3 giugno 2021, n. 15441)


Rinuncia alla servitù ed atto scritto

L'estinzione del diritto di servitù per rinuncia del titolare deve risultare da atto scritto, ex art. 1350 c.c., e non può essere desunta indirettamente da fatti concludenti.

(Cassazione Civile, 2 febbraio 2021, n. 2316)


Il diritto del comproprietario di modificare la cosa comune

Rientra tra le facoltà del comproprietario la installazione di un cancello sul passaggio comune con consegna delle chiavi agli altri comproprietari, in quanto essa non impedisce l'altrui pari uso. Pertanto essa rappresenta un atto compiuto nell'alveo dell'esercizio del diritto di apportare alla cosa comune le modifiche necessarie per il suo miglioramento, e non può configurarsi come spoglio, né come turbativa o molestia del compossesso degli altri comproprietari.

(Tribunale di Arezzo, 13 febbraio 2020, n. 158)


Legittimazione dell’amministratore di condominio per l’usucapione della cosa comune

Nel caso in cui un condomino si rivolga all’autorità giudiziaria per l’accertamento dell’avvenuta usucapione di una parte condominiale, l’amministratore non sarà coinvolto direttamente nel giudizio, non rivestendo la sua rappresentanza ex art. 1130 c.c. il potere sui diritti individuali dei singoli condomini che dovranno partecipare direttamente al processo di accertamento dell’eventuale intervenuto acquisto del bene comune.

(Cassazione Civile, 29 ottobre 2019, n. 27707)


Bene indivisibile ed assegnazione al titolare di una quota minore

L'art. 720 c.c. non obbliga il giudice ad attenersi necessariamente al criterio della quota maggiore, nel caso in cui uno o più immobili non siano comodamente divisibili, riconoscendogli la legge il potere discrezionale di derogare al criterio della preferenziale assegnazione al condividente titolare della maggior quota, purché assolva all'obbligo di fornire una adeguata e logica motivazione della diversa valutazione di opportunità adottata.

(Cassazione Civile, ordinanza 3 settembre 2019, n. 22038)


Danno da immissioni rumorose

Il danno non patrimoniale subito in conseguenza di immissioni di rumore superiore alla normale tollerabilità non può ritenersi sussistente in re ipsa, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno risarcibile con la lesione del diritto (nella specie quello al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane) ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, per il quale non vi è copertura normativa, ponendosi così in contrasto sia con l'insegnamento delle Sezioni Unite della S.C. (sent. n. 26972 del 2008) secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l'ulteriore e più recente intervento nomofilattico (sent. n. 16601 del 2017) che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l'ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell'art. 23 Cost. Ne consegue che il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un effettivo pregiudizio in termini di disagi sofferti in dipendenza della difficile vivibilità della casa, potendosi a tal fine avvalersi anche di presunzioni gravi, precise e concordanti, sulla base però di elementi indiziari (da allegare e provare da parte del preteso danneggiato) diversi dal fatto in sé dell'esistenza di immissioni di rumore superiori alla normale tollerabilità.

(Cassazione civile, 18 luglio 2019, n. 19434)